26 Nov A proposito del signor Tavecchio …

Sono psicologa dello sport e ho collaborato per anni con la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio), precisamente con allenatori del Settore Scolastico Giovanile, che si occupano di ragazzi dai sei ai sedici anni. Ho sempre pensato che il mio ruolo non fosse svelare le dieci regole d’oro per fare goal e per recuperare a comando coraggio e concentrazione. Credo invece che, stando meglio sul piano relazionale con sé e con gli altri, ci si possa esprimere più liberamente. E quindi praticare uno sport nel quale far evolvere al meglio le proprie potenzialità, imparare ad assumersi le proprie responsabilità verso la squadra. E soprattutto divertirsi. Questo in sintesi il mio intervento in una conferenza sul valore educativo dello sport, tenutasi una decina di anni fa in provincia di Sondrio, alla quale presenziava, in qualità di presidente della Lega Dilettanti, anche il signor Carlo Tavecchio. Anche allora ebbe un’uscita infelice, sostenendo che il calcio è mettere la palla in rete e non fare la psicoanalisi ai bambini. La platea rimase muta. Era tempo di elezioni in casa FIGC ed io ero l’ultima arrivata. Non scrivo per levarmi fastidiosi sassolini dalla scarpa, cavalcando il moto di indignazione che le parole del signor Tavecchio hanno suscitato in molti. Sarebbe vile oltre che facile. Lasciatemi dire, però, che un modo di fare così superficiale non può che nuocere al mondo del calcio. Che già versa in cattive acque. La tragedia è che nella sua caduta libera si trascina dietro anche settori, come quello giovanile, fatto di persone che credono nel loro lavoro, che desiderano migliorare sul piano professionale e soprattutto che si interrogano sul senso dello sport quando a praticarlo sono ragazzi in crescita.